Occhi Viola, Occhi di Demone

Romanzo urban fantasy ambientato nella bella Treviso, dove una giovane ragazza dotata di strane capacità affronterà una setta di fanatici adoratori del diavolo.

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Non avevo mai scritto un Urban Fantasy. Ho sempre preferito l'epicità dei grandi classici: le battaglie a fil di spada, la missione impossibile... ma ho deciso di cimentarmi in un genere che ho sempre trovato estremamente affascinante, e intrigante. Ambientare una storia in un mondo che già esiste può sembrare facile, ma non lo è, affatto 🙂

Mirta è una ragazza come tante altre… o forse no.
All’età di sedici anni ha scoperto di avere uno strano potere: può vedere i demoni che albergano nei cuori delle persone e imprigionarli nei suoi disegni. Non sa perché sia stata graziata di questo dono ma ritiene di averne sempre fatto buon uso, fino al giorno in cui la sua vita non viene sconvolta da un evento imprevisto che la costringe a mettere in discussione tutto ciò in cui ha sempre creduto.
Assieme alla sua amica Gaia, a Manuel, e a Renato, un ragazzo taciturno con degli strani gusti musicali, dovrà affrontare un’avventura ricca di misteri e di pericoli alla ricerca di una verità perduta, che le permetterà di esplorare a fondo i suoi poteri e la riporterà sulle orme del suo vecchio mentore, Don Davide.
Cosa farà una volta giunta alla fine della strada? Chi sono i buoni e chi sono i cattivi? E fin dove i suoi amici saranno disposti a seguirla?

Il problema principale sono le regole di un mondo che già esiste. Non puoi inventarti tutto, come nell'epic fantasy: sei obbligato a calare la tua storia in un'ambientazione di cui non puoi controllare tutti gli aspetti.

Mirta si tranquillizzò al punto che iniziò a lasciarsi trasportare dalla musica, accennando qualche passo e qualche dondolio, imitando Gaia che si era già ambientata alla perfezione.
«Sicuro che non ti diamo fastidio?» gli chiese, tanto per dire qualcosa.
«Tranquilla!» le disse Gaia ridendo. «Due fighe come noi qua dietro quando le ritrova?»
Renato rise di gusto, mentre aggiustava le leve dell’equalizzatore e Mirta arrossiva, contenta che le luci fossero così soffuse.

Rendere la storia credibile e contemporaneamente mantenere intatto tutto ciò che fa di un fantasy un fantasy, per quanto "urban" non è una passeggiata.

Si destò di colpo dal suo sogno a occhi aperti, rendendosi conto di essere rimasta imbambolata davanti alla lapide per parecchi minuti, senza muovere un muscolo.
Alzò gli occhi a leggere di nuovo il nome, scritto in caratteri dorati, e la piccola foto accanto, e improvvisamente avvertì un peso enorme nel cuore, un senso di colpa che rischiò di soverchiarla, tanto che barcollò e dovette distogliere lo sguardo. Non aveva mai provato una sensazione del genere in tutta la sua vita.

Credo però (o almeno spero) di aver fatto un buon lavoro, e anche di aver pagato alla mia città natale il tributo che merita. A breve pubblicherò un'anteprima completa del romanzo, nel frattempo... Buone letture!

Mirta, dal canto suo, era rimasta pietrificata da quella scena, incapace di muovere un muscolo fino a quando, su insistenza di Gaia che aveva preso a strattonarla per la maglia, non abbassò gli occhi sul tavolino, e precisamente sulla tovaglietta che le era stata portata quando poco prima aveva ordinato una piadina crudo e mozzarella. Su quella tovaglietta ora c’era un disegno, vergato con un’unghia e con la condensa del bicchiere di aranciata di Gaia. Ritraeva, alla bell’e meglio, una bimba (la si riconosceva dai folti capelli) con in mano qualcosa di affilato, che avanzava verso l’osservatore… come un demone.