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Negli anni che seguirono, Winnet visitò praticamente ogni città e sito di scavo sul Pianeta Terra, dalle riserve nordamericane al Valico di Mosca e dagli Osservatori Argentini fino al Colosso di Sidney. C’erano ere su ere, storie su storie… tutte accatastate e stipate su quell’unica, sottile crosta planetaria, ammassate alla rinfusa come una torta troppo farcita ma affascinanti come null’altro poteva esserlo.
Winnet scoprì che era l’antichità a interessarlo di più. L’antichità antica, quella che era tale anche quando la Terra era l’unico pianeta abitato della galassia. Esistevano dei monumenti che predatavano di gran lunga qualunque forma di tecnologia industriale o informatica, figli di un’era dove l’uomo doveva costruire le cose con le sue nude mani. Da lontano sembravano giocattoli lasciati da un bimbo sbadato, oggetti smarriti dal tempo e poi dimenticati, e avevano un fascino quasi magnetico, come se il solo guardare la loro mole erosa dalle ere potesse riportare la mente indietro di millenni, a quando quei ponti e quei muri venivano attraversati e calcati da rozzi soldati in armatura e quelle sedi di culto affollate da migliaia e migliaia di fedeli ignoranti e creduloni.
Credeva si sarebbe annoiato velocemente di quel mondo, ma scoprì di essersi completamente sbagliato.
«Sei sempre stato uno di poca fede, Wi» gli diceva Min, mentre lui stava viaggiando verso quello che era forse il sito più importante del pianeta e lei si apprestava a visitare per la prima volta la superficie di Estegor, il mondo dei Templari.
«In realtà» rispose lui ridendo, «non ricordo di averne mai avuta.»
Stavano comunicando a mezzo di sdoppiatori quantici, convenientemente installati direttamente nei loro snodi corticali (ormai la Nex commercializzava modelli che potevano fare quasi ogni cosa, incluso sfamarti), ma nonostante questa possibilità si sentivano di rado, entrambi presi dai loro numerosi impegni di lavoro.
«Tu dove stai andando stavolta?» gli chiese Min.
«Al Foro di Roma. Mi hanno detto che l’antico Colosseo è ancora in piedi…»
«Prestellare?»
«Primo millennio gregoriano, forse addirittura primo secolo; non ne sono certi. Significa…»
«So cosa significa, zuccone! Sei fortunato, lo sai? Lo siamo entrambi. Me ne sono resa colto stando qui.»
«Sì, è vero. Mai quanto Gun… ma è vero.»
Guntar attualmente si trovava su Bados V per una ricerca storica sulle radici dell’antico Impero Badosiano. Era bello… fare ricerche storiche su mondi altamente progrediti e agiati come quello, Winnet lo sapeva.
«Io non sono d’accordo» lo corresse però Minlava. «Lui sta vivendo la vita di sempre: pieno di tutto quello che gli serve, ma non ha visto e toccato quello che abbiamo visto e toccato noi. Ti ho parlato dell’albero?»
«L’albero? Immagino che sulla luna di Estegor abbiamo degli alberi, sì. Dentro a un arboretum, credo… come in tutti gli habitat.»
«No, non qui» gli rispose lei ridendo. «Non a Estegor, mio caro.»
«Oh…?»
«Non c’è nessun arboretum sulla loro luna, solo un albero enorme che loro chiamano la Torre Arborea e che ha quasi mille anni, e dovrebbero essercene degli altri sul pianeta, figli di quello originario. Wi… è la cosa più incredibile che abbia mai visto, è più grande di qualunque palazzo o astronave, è immenso! Pensa che si nutre autonomamente, di roccia e calore, e poi produce luce e ossigeno in quantità strabilianti.»
«Non ho mai sentito parlare di una cosa del genere…»
«Mi hanno spiegato che si tratta di una forma di vita aliena, catturata o forse salvata (non mi è ancora chiaro) ai tempi della fondazione dell’Ordine, dai Templari originari.»
«E non hai trovato informazioni più dettagliate?» Winnet ne era sinceramente stupito.
«Non è così facile. Hanno un codice di comportamento che impedisce loro di rivelare quasi qualunque cosa sul proprio conto, è la prima volta che mi imbatto in un caso di simile reticenza ma…»
«… ma queste cose sono la tua passione. Sbaglio?»
«Non sbagli» disse lei con una nota determinata. Poi più concitata aggiunse: «Anche se speravo di avere per lo meno capito da dove derivi il loro nome ormai… ma loro continuano a ripetermi che non ha un vero significato.»
«Io credo di saperlo» intuì Winnet. «I Templari erano un ordine cavalleresco, esistito sulla Terra prima del periodo industriale.»
«Davvero!? E qual era il loro scopo?»
«Proteggevano la via verso il tempio di Gerusalemme, uno dei luoghi di culto religioso più significativi nella storia di questo pianeta. Mi sono imbattuto in alcuni reperti che li riguardavano e mi hanno incuriosito. Anche se… in verità… non mi risulta che a Estegor ci siano luoghi di culto di alcun genere. Forse è solo una coincidenza.»
«O forse no. Wi, sei un genio e farei sesso vero con te altre mille volte!»
Min riusciva a metterlo in piacevole imbarazzo perfino a mezza galassia di distanza. Un giorno, decise, le avrebbe proposto di ritirarsi assieme a lui su un mondo tranquillo per passare i loro ultimi anni insieme. «Quindi quale sarebbe questo tempio?» chiese nel frattempo.
«Non c’è un vero tempio, nel senso stretto del termine» gli spiegò Min. «Ma ci sono molti motivi per cui questo sistema potrebbe essere considerato tale, nella sua interezza. Le forme di vita aliene, tanto per cominciare: ne hanno a decine, non c’è solo la Torre Arborea. Ce ne sono sia in orbita che in superficie… Questo potrebbe essere lo spunto per un lavoro di prim’ordine! Winn, ti amo!»
«Felice di essermi reso utile.»
«Di qualunque cosa tu abbia bisogno, non esitare a chiedere. Mi raccomando.»
«Lo so e ti ringrazio, ma per ora me la sto cavando bene.»
«Quando dici così vuol dire che sei insoddisfatto» lo canzonò lei. «I locali ti stanno dando noie?» si riferivano abitualmente così ai colleghi che avevano preferito una vita tranquilla, quelli che non viaggiavano mai. In teoria avrebbero dovuto essere a disposizione e agli ordini degli itineranti come Winnet e Minlava, ma in realtà le cose non erano mai così semplici.
«Diciamo che me li sto ancora lavorando» concesse infine.
«Aaah! Allora fammi sapere quando ci sono novità.»
«D’accordo. A presto. Buona discesa!»
«Buon viaggio a te! Ci sentiamo.»
Al Foro di Roma era presente anche Magdalena, di ritorno da una crociera archeologica in quello che gli antichi Romani avevano chiamato il Mare Nostrum, e decisero di cenare assieme. Winnet aveva dovuto totalmente disabituarsi all’assunzione diretta, poiché sulla Terra quella tecnologia non esisteva.
«Non ti stufi mai di correre?» le chiese Winnet, addentando una striscia di carne sintetica. Aveva se non altro scoperto, con suo sollievo, che nei luoghi più frequentati questa esisteva e ce n’era in abbondanza.
«In che senso?»
«Voglio dire che fare i fattorini è bello, in un certo senso: si vedono molte cose. Ma qui secondo me c’è molto più da scoprire che non un mucchio di antichi reperti prestellari.»
«Vuoi dire che non ti piacciono?»
«Al contrario, mi piacciono molto e li trovo affascinanti, ma non è per loro che sono venuto qui.»
«E perché sei venuto?»
«Non lo so, è questo il bello. Sono stato mandato qui da Protos, dopo essere stato richiamato da un incarico che avevo solo parzialmente terminato, per essere trasferito alla “sede centrale” in virtù di un lavoro che avevo scritto nei miei primissimi anni da cronista e di cui nemmeno ricordavo l’esistenza; tuttora non ne conosco davvero il motivo.»
«Capisco… e che intenzioni hai?»
«Ritengo di aver vagabondato abbastanza» disse Winnet, «e non ho intenzione di lasciare questo sito finché non avrò ottenuto delle risposte più chiare.»
«Da chi?»
«Questo non lo so ancora, ma mi sono informato: nelle prossime settimane praticamente tutti i pezzi grossi dell’organizzazione passeranno di qui e si incontreranno. Voglio vedere che cosa sanno.»
«E…» Magda aveva un’espressione incerta, un po’ timorosa, «non potrebbe essere che ti abbiano mandato qui perché… insomma…»
«Per levarmi dai piedi? Non ti preoccupare, ci ho pensato, e potrebbe essere vero, anche se non ne immagino il motivo. Ma ciò non toglie che qui ci sia qualcosa di importante, che finora mi è stato tenuto nascosto perché non sono sufficientemente ammanicato.» Poi la guardò incuriosito. «Tu ne sai qualcosa?»
Lei lo guardò. «Come dici?»
«Tu sai perché qualcuno potrebbe avermi detto che questa è la Sede Centrale della Cronologia Galattica?»
«Perché lo è.»
«Non ne ha affatto l’aspetto.»
«E che aspetto dovrebbe avere?»
«Direi… quello che aveva il luogo che io credevo fosse la Sede Centrale fino a non molto tempo fa.»
«Non saprei immaginarlo, temo. Io posso dirti che questo è il luogo dove la Cronologia è nata, ancora prima della Grande Espansione, alla fine della Prima Guerra Interplanetaria.»
«Non sono molto ferrato sulla storia dell’Ammasso di Sol, lo ammetto.» Winnet recuperò alcune informazioni sommarie attraverso lo snodo. «Ma a quanto pare si sono dati da fare…»
«Il primissimo Rettore giunse sulla Terra nel AS 2.428. La Cronologia esisteva già, in un certo senso, ma fu in quell’occasione che si affermò in quanto organizzazione radicata. Da allora ha avuto il compito di scrivere la storia della galassia, in ogni sua forma, e non è mai venuta meno al suo proposito.»
Winnet intuiva quanto Magdalena fosse convinta delle proprie parole e quanto fiera si sentisse di fare parte di quel grande tutto, di cui una come lei difficilmente poteva immaginare la vastità. Anche lui condivideva quel sentimento, in fondo, solo che non gli bastava…
«Che ne dici di darmi una mano?» propose allora.
«Io sono sempre pronta» gli disse lei sorridendo. «Mi indichi solo la rotta, capitano!»
Era una ragazza sveglia, che metteva una grande passione negli incarichi che le venivano assegnati, e Winnet si disse che in fondo l’ambizione non era una qualità così fondamentale, non per tutti almeno. Ognuno doveva seguire la propria strada, punto. Sorrise: «Da domani cominciamo a farci qualche bel giretto. E magari qualche nuovo amico, d’accordo?»
«D’accordissimo, signore!»
Il protagonista di questo quinto capitolo di ‘The Herem Saga’ è Winnet, uno scienziato e uno storico. L’autore ci suggerisce che lo studio/ricerca e la memoria sono le uniche vie di uscita per evitare la catastrofe che incombe sull’umanità, soggetta all’intelligenza superiore degli Herem, gli alieni, ma ancor di più alle proprie incapacità. Basteranno per salvarla?