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Paragrafo 1
Paragrafo 2
Paragrafo 3
Pianeta Terra, Ammasso di Sol, anno stellare 13.475
Quando Winnet mise per la prima volta piede sul suolo di quell’antico pianeta non provò alcuna sensazione particolare. Se l’era aspettato, gli era stato detto che sarebbe andata così: che avrebbe avvertito la sacralità di quel suolo come una cosa fisica, tangibile. Ma a quanto pareva, quelle persone si erano sbagliate.
Certo, il colpo d’occhio dallo spazio faceva un certo effetto. La Terra, vista da lontano, sembrava un pianeta perfetto: capienti masse continentali prevalentemente pianeggianti e vasti oceani blu, un asse di rotazione perfettamente calibrato e con solo una lievissima oscillazione, addirittura una calotta polare che nei millenni (gli avevano spiegato) si era lentamente e dolorosamente riformata. Era raro vedere un pianeta così, anche per chi aveva viaggiato molto. Di fatto solo Bados V, a memoria di Winnet, dava un colpo d’occhio che fosse paragonabile a quello.
Ma, avvicinandosi di più, si cominciavano a notare i segni della devastazione che gli esseri umani avevano perpetrato ai danni della loro antica casa: i solchi e i crateri, dove la crosta era stata scavata fino al mantello alla ricerca dei minerali e dei metalli che avevano permesso la costruzione delle prime grandi navi, le isole oceaniche di rifiuti artificiali che non si erano ancora disciolte, la desolazione gialla e marrone dei deserti che a quei tempi dovevano aver ingolfato ogni altro possibile ecosistema…
Winnet non era un planetologo, ma poteva facilmente capire come si potesse arrivare a quello stadio quando una civiltà era costretta, incastrata addirittura, sulla superficie di un singolo mondo, a vedersela con l’aumento frenetico del tenore di vita e della popolazione, propiziati dal galoppante e inarrestabile progresso tecnologico. Non c’era da stupirsi che quel pianeta fosse stato spolpato in quel modo, ridotto a uno scheletro sanguinolento di cui si notavano ancora le cicatrici.
Guardandosi attorno, dopo essere sbarcato, non seppe che cosa pensare, poiché da un lato quel posto gli appariva terribilmente e normalmente monotono (un mondo come ce n’erano tanti, lontano dal rumore confortante e dall’inebriante frenesia che caratterizzava i luoghi più popolati della galassia), ma dall’altro c’era in lui la consapevolezza di essere giunto in un luogo speciale che non aveva uguali nell’Universo conosciuto, antico e pregno di verità che attendevano solo di essere scoperte.
Nessuno venne ad accoglierlo quando arrivò e Winnet si fece strada fino a un ricovero per turisti, che erano pochi, gli sembrava, almeno in quel periodo, ed entrò in una sala comune arredata con dei tavoli per consumare il cibo; alcuni di questi però erano occupati da spigolosi ologrammi che ritraevano – suppose in un lampo di intuito – persone importanti transitate di lì in passato, magari nel corso dei secoli.
Si sedette da solo, ma accanto all’immagine oscillante e troppo colorata di una coppia, uomo e donna, intenti a fissarsi e a sorridere. Lei era lunare, lui un tizio comune con la postura rigida tipica dei militari in congedo; Winnet ne aveva conosciuto più di qualcuno.
«Mabel Adasco ed Edda Mikstov» disse una voce alle sue spalle, e Winnet ci mise un attimo a rendersi conto che si trattava di un cameriere, poiché non gli era parso di essere entrato in un ristorante di lusso… «È il mio preferito» continuò l’uomo imperterrito. Sembrava anziano e non ben ringiovanito, come capitava ancora in alcuni mondi fuori mano. «La mia famiglia era già proprietaria di questo locale quando vennero qui e i due accettarono di farsi ritrarre… Fu un grande onore!»
Winnet registrò quelle informazioni, notandone una in particolare che attirò la sua attenzione: quell’uomo doveva essere il proprietario del locale dove ora lui sedeva. Un singolo locale, con un singolo proprietario… che serviva personalmente i tavoli.
Ma dove diavolo sono finito?
«Winnet Rectzov, è lei?» chiese in quel momento una squillante voce femminile alle sue spalle.
Winnet si voltò. «Sì, sono io» disse con curiosità.
«Magdalena Elmar, molto piacere» disse quella porgendogli la mano, che lui accettò dopo solo un attimo di perplessità. «Mi perdoni per il ritardo, spero non abbia avuto problemi o fastidi quando è atterrato.»
«Niente affatto» affermò Winnet. «Vuole farmi compagnia? Ammetto di essere molto affamato.»
«Oh, ma certo!» cinguettò lei. «Cosa prende?»
«Veramente…»
«Le consiglierei il montone arrosto. È una produzione locale di primissima qualità.»
«Locale? In che senso?»
«Possiamo vantare uno dei primissimi allevamenti totalmente naturali di questo continente, risalente ormai ai tempi di mio nonno» interloquì il proprietario gioviale.
«Il che significa…»
Di colpo la ragazza sembrò capire cosa stesse preoccupando Winnet e si scusò con lui. «Mi perdoni» disse imbarazzata, «mi rendo conto solo ora del mio errore. Lei non ha mai mangiato carne animale, vero?»
«Se per animale intende macellata da un essere vivo» disse lui schifato, «devo dire di no. E non ho nessuna intenzione di provarla, grazie!»
Era stato estremamente scortese, sia nei confronti della sua nuova commensale che dell’oste, che infatti era arrossito di colpo, ma quello che gli stavano proponendo era abominevole.
«Le chiedo ancora di perdonarmi» si scusò di nuovo Magdalena, sempre più preoccupata, «ma so che ci sono anche dei piatti interamente vegetali. Anche quelli sono naturali, ovviamente, coltivati a terra, ortaggi…»
Ortaggi coltivati a terra… ne aveva mai mangiati? Winnet credeva di no. I Mondi Granaio producevano frumenti trattati, semi per coltura idroponica e le “basi” per la sintetizzazione alimentare sia vegetale che animale, non certo ortaggi. Però questo, per quanto gli facesse uno strano effetto, non aveva in sé nulla di deplorevole e lui assentì. Non osò nemmeno sperare che lì si praticasse la ben più efficiente assunzione diretta. «Andranno benissimo.»
«Ottimo» dissero all’unisono Magdalena e l’oste, che si allontanò in tutta fretta.
«Perdonami per come mi sono espresso» si scusò Winnet.
Lei parve rallegrarsi. «Non c’è nulla da perdonare, sono stata una stupida. Non ho considerato le conseguenze di quello che facevo, come al solito» aggiunse, di colpo abbacchiata.
«Qualcosa con cui potrei esserle utile?» s’informò Winnet, per cambiare discorso.
«Oh… non è niente. Diciamo che questa mia scampagnata per venirla a prendere è una sorta di punizione. Non che me ne dispiaccia, sia chiaro» si affrettò a precisare.
Winnet, nonostante tutto, la trovava divertente, perché gli ricordava Min, nell’atteggiamento se non nell’aspetto.
Il cibo arrivò e notò che anche lei aveva optato per il piatto di verdure. Gliene fu grato, anche se non lo disse, poiché non avrebbe sopportato di stare di fronte a una persona che stava mangiando carne di animale… vivo.
Era incredibile che quelle barbarie esistessero ancora! Anche ora che l’aveva scoperto faticava a crederci.
«Non ci sono sintetizzatori da queste parti?» chiese dopo qualche boccone.
«Oh sì, ce ne sono eccome» rispose lei. «Ma molte zone rurali preferiscono non servirsene. I pascoli aiutano l’ecosistema, se controllati e limitati nel modo giusto. È uno dei fattori che hanno permesso una così rapida ripresa negli ultimi secoli, mi dicono fonti autorevoli.»
«Quindi tutto questo fa parte del processo di ri-terraformazione?» Quell’informazione, se non altro, serviva a mitigare il suo disgusto.
«Non direi che si tratti di una ri-terraformazione, in verità» gli spiegò lei. «Piuttosto di una rinascita dell’antico ecosistema terrestre, rinascita assistita s’intende.»
«E quale sarebbe la differenza?»
«Beh… non che sia un’esperta, intendiamoci… ma il concetto fondamentale è che non stiamo forzando la crescita e lo sviluppo di nessun ecosistema e non stiamo agendo massicciamente sulla composizione atmosferica. Ci limitiamo solo ad agevolare processi già in atto, velocizzandoli e impedendo che si interrompano bruscamente. Questo pianeta, in quasi quattordicimila anni, non ha mai smesso di leccarsi le ferite, ma è stato martoriato così gravemente che senza aiuto i suoi tentativi di ripresa sarebbero del tutto vani.»
Mentre ne parlava si emozionava sempre di più, al punto che Winnet fu colto da un dubbio. «Posso chiederti… dove sei nata, Magdalena?»
A quella domanda si illuminò. «Sono fiera di essere un’autentica cittadina terrestre» rispose con gioia.
«E hai mai lasciato la… Terra?» Winnet doveva sforzarsi per chiamarla solo così.
«Oh, sì! Sono stata su parecchi mondi. Una volta ho perfino viaggiato su un Apripista Stellare! In tempo assoluto sono molto più anziana di quello che sembro.»
Apripista Stellare… quant’era che non sentiva più quel termine? Almeno dal suo secondo anno di formazione.
«Anch’io ho visitato molti pianeti» le disse con un sorriso.
«E su quale sei nato?»
«Su nessuno, in verità?»
Lei parve perplessa.
«Sono nato su una base stellare, nell’ammasso del Cancro, ma l’ho lasciata quando ero molto giovane.»
«Quindi… non hai una vera casa a cui tornare?»
Sembrava dispiaciuta per lui, ma il concetto di “casa”, come l’aveva inteso Magdalena, era estraneo a Winnet almeno quanto quello di “allevamento” di animali.
«Dove mi porterai?» chiese allora, per evitare di metterla ancora a disagio.
«Mi è stato chiesto di condurti agli Scavi di Alessandria, non ne conosco il motivo.»
«E tu dove hai la tua sede?»
«Riserva Pacifica Nordamericana, ma mi muovo spesso.»
«Specialmente quando fai arrabbiare qualcuno» scherzò Winnet.
Lei però si incupì.
«Scusa, non volevo…»
«No. Non dispiacerti, hai ragione. E so che scherzavi. È che… non so.»
«Vuoi parlarmene?»
Gli riusciva facile, parlare con lei. Un po’ come gli capitava con i suoi vecchi amici. Winnet se ne scoprì felice.
«D’accordo» acconsentì lei con un sorriso di gratitudine. «Ma è una storia un po’ noiosa, ti avverto. E non particolarmente edificante.»
«L’ascolterò ciononostante.»
Ciò che più di ogni altra cosa stupì Winnet, nei pochi giorni che seguirono, ed era stato ormai stupito così tante volte che cominciava a stufarsene, fu scoprire che sulla Terra non esistevano aeromobili, di nessun genere, e che la totalità dei trasporti, di merci e di individui, avveniva via terra e, quando questo non era proprio possibile, via mare.
I “treni” erano veloci ed efficienti, confortevoli. Winnet li apprezzò. Ma l’idea di impiegare quattro giorni a raggiungere una destinazione che avrebbe altrimenti richiesto, pur contando che si sarebbe trattato di volo atmosferico, non più di qualche ora, era per lui qualcosa di semplicemente inconcepibile.
Durante il viaggio Magdalena gli raccontò la sua storia, inizialmente per sommi capi e poi nel dettaglio. Era nata effettivamente sulla Terra ma aveva viaggiato molto, principalmente a scopo formativo, e aveva visitato quasi tutti i sistemi abitati dell’Ammasso di Sol e delle Pleiadi, più un breve soggiorno nell’Ammasso del Leone di cui parlava sempre con grande nostalgia. Non aveva mai visto Protos e nessuno dei sistemi più avanzati, ma non si poteva dire che fosse una sprovveduta, tutt’altro. Si descriveva come una grande combina guai, un po’ troppo sbadata per il suo bene, e a questo attribuiva, almeno a parole, tutte le sue presunte disgrazie e gli esili che era costretta a sopportare quando qualche superiore stizzito perdeva la pazienza con lei. Winnet però, che di esperienza in questo campo ne aveva da vendere, capiva facilmente che a Magda, purtroppo per lei, mancava una qualità fondamentale: non era ambiziosa e non era una stronza. Questo ovviamente le aveva sempre, e forse per sempre, precluso la possibilità di avere una carriera di rilievo e di scavalcare tutti quei personaggi che continuava a nominare con un certo timore: non si era fatta gli amici giusti, non aveva abbastanza favori da riscuotere e non poteva ricattare nessuno, perché non si interessava ai fatti personali di persone che non le piacevano. Quindi continuava ad aleggiare ai margini delle sfere di potere, senza potervi davvero accedere.
Grazie ai suoi racconti, Winnet capì anche che la Cronologia era di fatto tutto ciò che contasse su quel pianeta. L’economia, la ricerca, la società in generale… tutto dipendeva dalla sua presenza e se ne nutriva. Senza di essa, quel mondo probabilmente sarebbe stato abbandonato secoli o forse millenni prima. Era una strana consapevolezza, che parlava di una precisa scelta, e Winnet non riusciva a non domandarsene il motivo.
«Non vedo l’ora di sapere cosa ne pensi dello Scavo!» disse tutta contenta Magda, almeno per la quarta volta.
Dev’essere molto interessante se me ne parli così spesso» scherzò lui.
«Scusami… è che… non lo so. Non so perché sto continuando ad ammorbarti in questo modo, mi dispiace.»
«Ma non devi dispiacertene!» la rassicurò Winnet divertito.
«Sai…» disse lei «sono anni che non lascio più la Terra. Questo mondo è bellissimo, è stato la culla della nostra civiltà e c’è ancora così tanto da scoprire qui ma…»
«Ma è una noia mortale, dico bene?»
Lei scoppiò a ridere. «Deve esserlo soprattutto per te, che hai visto Protos e chissà quali altri mondi incredibili.»
«Per ora mi sto acclimatando, come dicono i lunari, ma immagino che prima o poi mi stuferò anch’io. Le persone non sono fatte per stare ferme in un posto.»
«Pensa a quando l’unico “posto” che esisteva era questo. Chissà come facevano!»
«Erano fortunati, credo: non sapevano che potevano essercene degli altri…»
«Già… in un certo senso è vero.»
Lo “scavo” era in effetti un’intera valle, visibile dalla cima di una diga enorme, costruita per bloccare il mare e situata a nord di quella che, gli spiegarono, nell’antichità prestellare era stata una città chiamata Alessandria d’Egitto, fondata, rasa al suolo, rifondata, ribattezzata e ammodernata decine e decine di volte nei primi millenni della civiltà umana, praticamente in ogni era della storia. Una delle città più antiche del mondo, e del creato, fino a quando il surriscaldamento della troposfera non aveva portato a un repentino innalzamento del livello dei mari e degli oceani della Terra, decretandone di fatto la fine poiché le acque salate erano arrivate a sommergerla quasi completamente, e ciò che non aveva reclamato il mare… se l’era preso il deserto.
«È uno degli scavi archeologici più imponenti sul pianeta» gli piegò Augri Mu Amarak, colui che lo aveva appena prelevato dalle cure di Magdalena e condotto là sopra, per una “prima veduta panoramica”.
«Non stento a crederlo» assentì Winnet. «Sbaglio o parte della città è ancora ricoperta?» chiese indicando verso sud, dove le alte dune di sabbia sembravano delle onde in procinto di abbattersi sulle basse costruzioni circostanti, che non erano molte a dire il vero.
«È così, ma ciò che interessa i nostri scopi si trova principalmente nella vecchia zona costiera. Vedrai, c’è molto più da vedere di quello che sembri a un primo sguardo…»
A questo Winnet faticava a credere, in verità, poiché anche da così lontano quello spettacolo risultava quantomai surreale. Era come vedere migliaia di anni di storia sovrapposti: direttamente sotto di loro c’era la città più moderna, come doveva essere stata negli anni prima del disastro, con i suoi grattacieli di cemento armato e le sue strade asfaltate, ma più in là, verso il deserto, gli scavi avevano riportato alla luce costruzioni apparentemente più antiche, risalenti a un periodo pretecnologico, e la loro disposizione lasciava intendere che ci fosse molto altro che li attendeva, nascosto sotto quel mare di sabbia dorata che sovrastava la zona con la sua mole imponente.
«In cosa consisteranno i miei incarichi?» s’informò Winnet, lasciando vagare lo sguardo nel tentativo di individuare l’odierna installazione ma non riuscendoci.
«Inizialmente ti verrà chiesto di muoverti fra i vari siti di scavo, a livello planetario. Abbiamo sempre bisogno di assistenza pratica e amministrativa, soprattutto in termini di logistica, come avrai già avuto modo di intuire. Viaggerai molto e vedrai, credo, tutti i siti principali e molti di quelli secondari.»
Cioè farò il fattorino… capì Winnet con un certo divertimento. Non si era aspettato di dover partire così in basso nella gerarchia, ma intuendo quanto diverso fosse quel pianeta da tutti gli altri (al punto che forse poteva considerarsi in tutto e per tutto un universo a sé stante) non ne fu stupito.
Poco male… poiché, come il buon Augri Mu Amarak aveva appena notato: Winnet avrebbe viaggiato molto. Viaggiare significava incontrare nuove persone, vedere nuovi posti e fare nuove esperienze. E mentre quei quattro funghi rinsecchiti pensavano di sfruttarlo come manovalanza a costo zero, lui avrebbe imparato, capito, studiato, tramato, insinuato… in poche parole, si sarebbe fatto un nome. Ma per questo ci voleva tempo.
«Moto bene» disse. «A quando la prima partenza?»