ANTEPRIMA: The Herem Saga #5 (Granelli di polvere) – parte 1

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Paragrafo 1
Paragrafo 2

Protos – Mondo Capitale dell’Egemonia Terrestre, anno stellare 13.471

Winnet non era mai stato un tipo sportivo, almeno non nei suoi primi settantaquattro anni standard di vita. Non gli piaceva correre, faticare e in generale affrettarsi, in nessuna circostanza. Il cosmo era fatto per essere percorso con calma, con passi ben misurati e sempre guidati da uno scopo preciso. L’efficienza era tutto, e chi correva lo faceva perché non ne aveva abbastanza (o affatto).
Winnet era un cronista.
No, non uno di quelli che lavoravano per quel vecchio carrozzone della RUS e che giravano i mondi alla ricerca di scoop e notizie, nel tentativo di mettersi in mostra con i loro reportage e facendosi belli ammiccando davanti agli schermi. Winnet lavorava per un carrozzone ben più antico e prestigioso, girava i mondi non per apparire ma per osservare e cercava di mettersi in mostra con un lavoro ben fatto e delle idee innovative che, se mai ne avesse avute, avrebbero scosso le fondamenta della storia per com’era conosciuta. Winnet lavorava per la Cronologia Galattica.
Dopo due decenni (standard) era stato richiamato, personalmente e da qualcuno che si professava molto vicino al presente Rettore, nella sede centrale dell’organizzazione, a Trantor, per ricevere un incarico della massima importanza.
Winn, ci sei?
«Naturale» rispose ad alta voce, mentre lo snodo corticale gli mostrava la distanza che mancava all’arrivo.
Sei in ritardo di ben quattro minuti lo provocò la voce chirurgicamente alterata di Guntar (a cui Winnet aveva sempre preferito l’originale, benché anche quella fosse terribile; ma d’altronde, se eri così fesso da sottoporti a un’operazione chirurgica nel quattordicesimo millennio stellare, in fondo te l’eri andata a cercare).
«Secondo la tua opinione relativa e relativamente irrilevante, non certo secondo la mia personale tabella di marcia» rispose Winnet nello stesso tono, accomodandosi sul trasporto magnetico (che lui preferiva ai trasferitori quantici, poiché gli permetteva di apprezzare l’ebrezza del viaggio).
Lo sai che anche se fossimo tutti in ritardo, o in anticipo, non sarebbe un problema vero? gli domandò ridendo Minlava, la prima ad averlo importunato.
Winnet adorava Minlava, anche se non voleva ammetterlo, e con lei aveva sempre evitato lo stim a distanza; per una “strana forma di puritanesimo tradizionalista”, come lei stessa spesso diceva. La verità però era che Winnet non disdegnava gli orgasmi simulati a distanza, solo non voleva averne con Min. Il motivo di questo strano atteggiamento, nemmeno a lui lo conosceva con esattezza.
«So che dici così perché probabilmente sei tu a essere in ritardo» rispose saputamente, con un sorrisetto che ovviamente gli altri non potevano vedere.
Guarda che ti vedo sai!
«Ne dubito fortemente» obbiettò lui. «Siamo in collegamento audio, non ti ho concesso l’accesso ai miei parametri facciali e non ho gli occhi di nessuno puntati addosso.» Min era una maga dell’Universo Dati e poteva fare cose a cui lui non avrebbe saputo nemmeno dare un nome; era una delle poche persone rimaste in circolazione in grado di capire e di spiegare come effettivamente funzionassero i collegamenti remoti e i calcolatori quanto-elettronici che li gestivano (a parte i super specializzati e riccamente retribuiti addetti ai lavori, s’intende); una hacker di prim’ordine, anche se preferiva presentarsi al mondo con un mestiere più decoroso, almeno di facciata. Buttò l’occhio alla sua destra, dove il panorama della città più grande della galassia gli scorreva rapido sotto gli occhi, tentando di individuare una qualunque postazione da cui Min avrebbe potuto ricavare un’angolazione, se pur lontana e sfocata, sulla sua posizione: non ci riuscì; stavolta l’aveva fregata.
Ti vedo perché sono qui davanti a te, zuccone.
Winnet inclinò la testa di lato, e dovette fare uno sforzo immenso per non darle la soddisfazione di scoppiare a ridere quando la vide girarsi, appena due posti avanti a lui, e alzarsi per raggiungerlo.
«Ciao, zucchero» lo salutò lei sedendoglisi accanto.
«Ciao, stregaccia» rispose lui, trattenendosi dall’eseguire il suo tradizionale baciamano, visto che erano in un luogo pubblico.
Lei rise. «Gunty, tu sei già lì?» chiese attraverso il collegamento ancora attivo.
Naturale! Sto aspettando Velka, che sarà qui a momenti
«Come mai non è collegata?» chiese Winnet incuriosito.
Ha detto che vuole parlare solo con me, si pavoneggiò Guntar.
«Starà litigando con qualcuno come al solito» disse Min divertita.
Ma così rovini un bel sogno! protestò Gun dall’altra parte.
«Perdonami, tesoro. Non succederà più.»
Quel loro modo di scambiarsi confidenze era piuttosto peculiare, almeno in quell’era di quasi totale digitalizzazione dei rapporti umani. Non era così dappertutto, questo Winnet lo sapeva avendo viaggiato molto, ma di fatto, almeno nei settori dell’Egemonia che contavano di più, le confidenze personali erano del tutto sparite, o quantomeno non se ne dava sfoggio in pubblico. Non era proibito, ci mancherebbe, ma certi comportamenti erano ormai del tutto fuori moda.
Loro quattro però si erano conosciuti (di persona, poiché alla Cronologia Galattica le tradizioni erano sacre e inviolabili) alla loro primissima lezione di cronologia storica, proprio lì a Trantor, e avevano instaurato un legame che non si era mai spezzato. Malato, lo avrebbero definito alcuni, e probabilmente ciascuno di loro sarebbe stato d’accordo, se preso singolarmente. Ma insieme erano sempre stati qualcosa di diverso, e non avevano mai avuto paura di mostrarsi all’Universo per quello che erano.
«Non ci vedremo più per un bel po’» disse triste Min, rilassandosi sul comodo sedile.
«Sbaglio o è la prima volta che prendi un treno magnetico?»
«Seconda, in effetti. Quella volta volevo provare per vedere cos’era che ti piaceva tanto di questi trabiccoli.»
«E questa volta?»
Il collegamento era chiuso, erano solo loro due adesso. Min non rispose.
«Anche tu parti?» le chiese allora Winnet.
«Sì. Estegor, Coda del Dragone.»
«Vai dai Templari?»
«Li conosci?»
«Per sentito dire.»
«Bah… una volta magari potevano essere interessanti, a cavallo del cambio di millennio, ma adesso…»
«Beh, siamo storici, no?» commentò Winnet. «Se una cosa è interessante e all’avanguardia non è affar nostro.»
«La tua filosofia di vita è invidiabilmente concreta» lo canzonò lei. «E tu? Che programmi hai?»
«Verrò riassegnato, ma non so ancora dove.»
«Quindi parti anche tu a stretto giro.»
«Credo di sì.»
Lei lo guardò negli occhi, altra cosa che in posti come quello non si faceva più. «Facciamo qualcosa!» propose di getto.
«Cosa?» le chiese stupito.
«Non lo so, pensa a qualcosa! Qualunque cosa, ma da fare insieme. Io e te.»
«Perché solo io e te?»
«Perché sì. Così. Come se fosse l’ultima volta che ci vediamo per sempre. Sarà divertente, vedrai!»
«Beh…»
«Ne hai già pensata una?» gli chiese divertita.
«Ti andrebbe di fare sesso, per davvero?»
«Cioè…»
«Cioè fisicamente.»
«Oh… io non l’ho mai fatto.»
«Neanch’io.»
«Dicono che faccia sia male che schifo…»
«Sì… forse non è una buona idea in effetti…»
«Ci sto.»
«Eh?»
«Ho detto che ci sto. Voglio fare l’esperienza, ora che me ne hai parlato me ne sono resa conto.»
«Oh… ok allora.»
«Quando?»
«Facciamo domani a metà ciclo?»
«Meglio più tardi.»
«Ok, allora a tre quarti…»
«Perfetto, vengo io da te. Ok?»
«V-va bene.»

Winnet entrò nell’ufficio del Professor Zanungder in perfetto orario. Nella Cronologia quelli importanti si chiamavano tutti Professore, con la “P” maiuscola, per distinguersi dai cronisti e dagli addetti ai vari lavori di contorno. Zanungder era quello che l’aveva richiamato a Trantor ed era la prima volta che Winnet lo incontrava di persona.
«Benvenuto, si accomodi» lo accolse il Professore, seduto alla sua scrivania.
Quel fatto, di per sé, era quanto mai inaudito nel quattordicesimo millennio: un uomo seduto dietro a un tavolo, con le spalle rivolte a una finestra. Ma era una delle tante antiche tradizioni che la Cronologia insisteva per mantenere e Winnet, per quanto ne parlasse con sarcasmo e malcelato scetticismo, in fondo al cuore ne andava fiero. «Grazie, Professore» rispose semplicemente, prendendo posto.
Il Professore lesse alcuni fascicoli attraverso lo snodo corticale, ma non li condivise con Winnet, standosene per alcuni minuti assorto nella lettura e nelle sue riflessioni. Quando finalmente si riebbe lo guardò in modo… curioso, avrebbe detto Winn, che cominciava a provare un certo imbarazzo per quella situazione.
«Trovo piuttosto interessante la sua dissertazione sull’importanza di mantenere un sistema di nomenclatura geogalattica Sol-centrico» gli disse a bruciapelo Zanungder, spiandolo da dietro un paio di occhiali che, Winnet se ne rendeva conto solo ora, non erano solo un gingillo. «Noto con piacere che lei ha colto tutti i punti fondamentali dell’argomento pur non avendo mai seguito alcun corso in merito.»
Winn fu talmente sorpreso da quell’uscita che per alcuni attimi non rispose. La sua dissertazione sul sistema Sol-centrico…? Era stato uno dei suoi primi lavori, una cosa infantile eseguita a tempo perso e con vane speranze di gloria, un bambino che ha visto per la prima volta dei giocattoli e crede di poter costruire un’astronave… Non credeva nemmeno che quel testo facesse parte degli archivi.
«Ehm… sì…» blaterò. «Veramente… non l’ho mai considerata una delle mie opere migliori.»
«Quale assurdità» commentò Zanungder, di nuovo assorto in lettura (Winnet lo capiva da come muoveva gli occhi). «Trovo che questo lavoro sia di gran lunga il più lungimirante e prezioso di tutta la sua pur vasta produzione, giovanotto.»
Anche quel modo di dire era un retaggio di tempi ormai andati… Winnet aveva appunto settantaquattro anni standard, relativi. «Posso chiederle… cosa ci trova di così speciale?» domandò.
«Il fatto che esista, prima di tutto.»
Winnet inclinò la testa.
«Solo l’età che lei aveva quando lo ha scritto» continuò il Professore «lo rende un pezzo di pregiatissima fattura. Mi dica…» chiese poi alzando lo sguardo (e in quel momento Winn si rese conto che quegli occhiali non solo non erano un gingillo, erano addirittura degli schermi oculari: quindi Zanungder era privo di snodo corticale!) «lei ora non è più convinto della qualità del suo lavoro e della bontà delle sue tesi?»
«Onestamente…» ammise Winnet incerto. «Lo consideravo un vezzo giovanile.»
«Capisco.»
«È un problema, Professore?»
«Affatto. Ma la invito a riconsiderare il suo punto di vista, poiché è l’unico motivo per cui noi oggi stiamo avendo questa conversazione. La nomenclatura Sol-centrica non è solo un vezzo ma, come lei ha abbondantemente dimostrato, una precisa volontà di mantenere e preservare, nella lingua e di conseguenza nella cultura universale, la memoria delle origini dell’essere umano. Noi siamo nati sulla Terra e ci siamo evoluti nell’Ammasso di Sol. Lì abbiamo combattuto le nostre prime guerre fratricide e abbiamo scoperto come controllare lo spazio e, in una qualche misura, anche il tempo. L’attuale conformazione della geografia galattica è in larga parte ancora imputabile a scelte che furono compiute quasi diecimila anni fa, quando l’Iniziativa selezionò le destinazioni e le rotte originarie che avrebbero caratterizzato la Grande Espansione, e quelle scelte furono in larga parte limitate (e quindi dettate) dalla loro limitata prospettiva. La buona parte di quei sistemi e di quei settori è tuttora abitata e sede di importanti istituzioni interplanetarie. Non dobbiamo mai dimenticare da dove veniamo, nemmeno per un istante.»
«Ma è una battaglia persa» obbiettò Winnet. «Perché mai gente che è nata qui, su Protos, dovrebbe riconoscersi in quei nomi? Perché dovrebbero parlare di Ammasso del Cigno, quando possono dire Settore Mira 9 o M67? Quel settore si chiama così solo perché quando lo osservavano da Sol era visibile nella direzione di quella che gli abitanti prestellari dell’Antica Terra chiamavano la costellazione del Cigno. È una nomenclatura che ha esaurito il suo significato culturale nel momento in cui è iniziata la Grande Espansione… è semplicemente impossibile che sopravviva al di fuori delle dissertazioni accademiche.»
«Le sue obiezioni sono valide, naturalmente, e questo depone ancor più a suo favore: è raro trovare qualcuno capace di argomentare con competenza sia su una tesi che sul suo contrario, e si tratta di una qualità di cui lei ha già dato sfoggio. Ma, per ora e per pura speculazione, lasciamo che i militari e i burocrati si tengano i loro più efficienti sistemi di nomenclatura e catalogazione, e concentriamoci sulla storia e sulla ricerca del sapere. C’è solo un punto su cui la sua tesi di allora è carente.»
«E sarebbe?» Winnet, suo malgrado, era molto curioso di saperlo.
«Lei non considera l’importanza della classificazione genealogica in sostituzione a quella tipologica.»
Winnet attese.
«Si tratta di una delle più importanti rivoluzioni scientifiche, la cui primissima teorizzazione risale all’antichità prestellare: l’essere umano è, io ritengo, geneticamente predisposto a classificare e a catalogare poiché la sua mente è limitata, quindi egli necessita di un rigoroso ordine per estendere la portata dei propri processi cognitivi; e questa classificazione avviene sempre, categoricamente, eseguita secondo un criterio di affinità. In parole povere, tendiamo a raggruppare fra loro elementi simili e affini, senza badare alla loro provenienza. Questo è, da un punto di vista della ricerca del sapere storico e scientifico, profondamente sbagliato.»
«Chiamare l’Ammasso del Cigno “Settore Mira 9” toglie ogni riferimento alle origini della civiltà in quel settore. È a questo che vuole arrivare?» domandò Winnet.
«In parole molto povere, sì. Ma non si preoccupi, non l’ho portata qui perché voglio coinvolgerla in una solitaria crociata contro l’impoverimento della cultura e della lingua universale. L’ho fatto perché ritengo che lei sia un giovane brillante e dotato di quel pizzico di curiosità e di coraggio in più che distingue le persone di cui la nostra grande organizzazione ha disperatamente bisogno. Credo, figliolo, che lei sia pronto per essere trasferito alla Sede Centrale.»
Winnet lo studiò, cercando di capire se si trattasse di uno scherzo. Ma Zanungder sembrava perfettamente serio e convinto. «E…» chiese con un certo imbarazzo, sentendosi un perfetto idiota anche se non ne conosceva davvero il motivo, «posso chiedere dove si troverebbe la sede centrale della Cronologia Galattica? Io pensavo, onestamente, di esserci già.»
Zanungder alzò gli occhi e lo guardò con uno strano sorriso, a metà strada fra la curiosità e il divertimento. «Vuole dirmi, Signor Rectzov» gli domandò quasi ridendo, «che dopo tutto quello che ci siamo detti, non lo ha ancora capito?»

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