RECENSIONE: Douglas Adams, il genio che non era uno scrittore

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Una premessa doverosa

Chi si avvicina a Guida Galattica per Autostoppisti, o sta pensando di farlo, deve necessariamente partire da due presupposti fondamentali.

Primo: Douglas Adams non era uno scrittore, solo un genio.
Secondo: Guida Galattica non è un libro.

Ecco, con questi due elementi bene in mente possiamo procedere

Partiamo col ribadire che Guida Galattica per Autostoppisti non è un libro, o quantomeno non è un romanzo, almeno non come lo intendiamo oggi e probabilmente neanche come lo intendevano ieri o l’altro ieri.

Nasce come una sorta di saga, raccontata a voce, alla radio, dal giovane Adams che al ritorno da un viaggio in Europa, in cui si era spostato prevalentemente facendo l’autostop (erano gli anni 70 del ventesimo secolo, un altro mondo), inizia a fantasticare su come sarebbe stato fare un altro viaggio, molto simile, ma nella Galassia.
Perciò, prendendo spunto dalla guida cartacea che lo aveva accompagnato durante il suo peregrinare, “A Hitch Hiker’s Guide to Europe” (Guida all’Europa per Autostoppisti), decide di iniziare a scrivere “A Hitch Hiker’s Guide to Galaxy” (Guida Galattica per Autostoppisti), un’idea che lui stesso sostiene di aver avuto mentre se ne stava disteso, di notte e mezzo ubriaco, sull’erba di un parco a Innsbruck.

E per come comincia, io ci credo…

Lontano, nei dimenticati spazi non segnati sulle carte geografiche del limite estremo e poco à la page della Spirale Ovest della Galassia, c’è un piccolo e insignificante sole giallo.
A orbitare attorno a esso, alla distanza di centoquarantanove milioni di chilometri, c’è un piccolo, trascurabilissimo pianeta azzurro-verde, le cui forme di vita, discendenti dalle scimmie, sono così incredibilmente primitive che credono ancora che gli orologi da polso digitali siano una brillante invenzione.
Questo pianeta ha – o aveva – un problema, e il problema era che la maggior parte dei suoi abitanti era quasi costantemente infelice.
(…)
E poi, un certo giovedì, quasi duemila anni dopo che un uomo era stato inchiodato a un palo per aver detto che sarebbe stata una gran cosa provare, tanto per cambiare, a volersi bene, una ragazza seduta da sola a un piccolo caffè di Rickmansworth capì a un tratto cos’era che per tutto quel tempo non era andato per il vesto giusto, e finalmente comprese in che modo il mondo sarebbe potuto diventare un luogo di bontà e felicità. Questa volta la soluzione era quella giusta, non poteva non funzionare, e nessuno sarebbe stato inchiodato ad alcunché.
Purtroppo però, prima che la ragazza riuscisse a raggiungere un telefono per comunicare a qualcuno la sua scoperta, successe una stupida quanto terribile catastrofe, e di quell’idea non si seppe mai più nulla.
Questa non è la storia della ragazza.

Guida galattica è una storia senza un filo. A voler seguire la “trama” ci si perde la testa, perché non ha senso: non segue un canovaccio comprensibile, si contraddice continuamente, spesso si ripete senza accorgersene e sostanzialmente non va a parare da nessuna parte.
Però ci sono dei passaggi in questo libro, delle perle, che mai sarebbero esistite se non fosse esistita questa saga. Per quelle perle, ve lo garantisco, la lettura di queste quasi 800 pagine vale ogni secondo speso.

Vi avverto che nel resto di questa “recensione” non farò altro che mostrarvi alcune di queste piccole perle, perché il resto dell’articolo contiene inevitabilmente dei pesanti spoiler. Ma d’altronde non mi viene in mente nessun altro modo per parlare di questo libro e di questo autore, per cui ogni altro tipo di commento è completamente superfluo.

Perciò, a voi la scelta.

Addio e grazie per tutto il pesce!

Questa è una delle migliori, da tatuaggio (magari piccolo).

È la frase di commiato pronunciata dai delfini, la seconda forma di vita più intelligente sulla Terra dopo i topi (l’uomo è la terza), dopo che per anni avevano cercato di avvisare gli esseri umani che il loro pianeta stava per essere demolito a causa della costruzione di una grande circonvallazione interstellare. Eh già…
Ma questi, gli umani, essendo meno intelligenti, interpretarono quei tentativi di comunicazione come dei divertenti giochetti per far ridere i bambini, e per ringraziarli lanciarono loro un sacco di pesci. In seguito la Terra venne demolita e non ne rimase traccia.

È un fatto importante, ancorché comunemente noto, che le apparenze spesso ingannano.
(…)
Strano ma vero, i delfini sapevano da tempo dell’imminente distruzione della Terra e avevano tentato più volte di avvertire l’umanità dell’incombente pericolo; ma i loro messaggi erano stati fraintesi e interpretati come divertenti tentativi di colpire dei palloni o di fischiare per avere bocconi prelibati. Così i delfini alla fine rinunciarono e se ne andarono dalla Terra coi propri mezzi, poco prima che arrivassero i Vogon.
L’ultimissimo messaggio lanciato dai delfini fu interpretato come un tentativo estremamente raffinato di fare un doppio salto mortale all’indietro dentro un cerchio, fischiettando nel contempo
La bandiera a stelle e strisce; in realtà, il messaggio diceva “Addio e grazie per tutto il pesce!”.

Come vi dicevo… mi piacerebbe avere qualcosa di profondo da dire a riguardo. Ma non si può, semplicemente non è possibile.

Un’altra?

Marvin, il Robot depresso

È uno dei personaggi principali, se di tali si può davvero parlare, anche se a volte non lo vediamo per lunghi periodi. Ma ricompare sempre quando meno ce lo aspettiamo.

Marvin è un Robot, quindi estremamente superiore alle persone perché è molto più forte, perché può fare calcoli astronomicamente complessi in pochissimi secondi (a mente) e perché può eseguire qualunque compito, anche i più difficili, alla perfezione. Ovvio, è un Robot!
Però, ovviamente, in quanto Robot è stato costruito per eseguire le istruzioni delle persone, e siccome le persone sono infinitamente meno intelligenti di lui gli affidano solo compiti infinitamente meno complessi rispetto a quelli che lui potrebbe svolgere (come portare le valigie, parcheggiare l’auto, ecc…). Quindi Marvin è depresso.

A parte tutto il resto, elaborare la strategia militare di un intero pianeta era una mansione ridicola per un cervello formidabile come il suo, e lo teneva occupato pochissimo, tanto poco che aveva tutto il tempo per annoiarsi mortalmente. Avendo risolto per tre volte di seguito tutti i più importanti problemi matematici, fisici, chimici, biologici, sociologici, filosofici, etimologici, meteorologici e psicologici dell’Universo tranne i propri, il robot si era messo con ansia a cercare qualcosa da fare, e aveva iniziato a comporre brevi canzoncine dolenti prive di qualsiasi grazia musicale. L’ultima che aveva composto era una ninnananna.

Ed è depresso al punto che quando una razza di alieni particolarmente bellicosa lo rapisce per sfruttare la sua grande intelligenza, per coordinare meglio il loro esercito di robot da guerra distruttori, questi dopo un po’ si deprimono come lui e non vogliono più combattere. Quindi Marvin salva l’universo…

Io questa l’ho trovata fenomenale!

Un’altra? Facciamo l’ultima?
D’accordo!

Wowbagger lo Sfanculatore Ererante

Questa, secondo me, è una delle più geniali in assoluto.

Wowbagger è un immortale.
Non si sa perché, non è importante. Ma siccome è immortale non muore mai. Quindi è destinato a vivere il ciclo della settimana (che parte sempre col lunedì) all’infinito, per l’eternità. E siccome più vivi e più le persone che incontri ti stanno sulle palle, perché dicono e pensano sempre le stesse cose, Wowbagger è sempre incazzato con tutti. Al punto che ha deciso di salire su un’astronave e mettersi a girare per lo spazio con lo scopo di insultare, personalmente, ogni singolo abitante della Galassia, in ordine alfabetico.

Stagliata contro il tondo luminoso c’era una figura alta. La figura aveva sceso la scala e si era piazzata davanti ad Arthur.
<Sei un cretino, Dent> aveva detto semplicemente.
Arthur aveva fissato lo sconosciuto con una certa perplessità.
L’altro l’aveva fissato dritto negli occhi.
<Sei Arthur Philip Dent, vero?> aveva chiesto.
Arthur aveva annuito, incapace di aprire bocca.
<Arthur Philip Dent?> aveva insistito l’alieno con tono stridulo.
<Ehm… uh… ssì… ehu… uh…> aveva confermato Arthur.
<Sei un cretino> aveva ribadito l’alieno. <Un completo idiota.>
A quel punto la creatura aveva annuito tra sé, aveva spuntato la tabella con un particolare segno alieno e si era voltata di scatto verso la nave. Questa si era richiusa e aveva emesso un ronzio sordo.

Cioè… questo arriva, atterra, scende dall’astronave in un momento qualsiasi della tua vita e ti riempie di insulti. Poi si gira e va via. Un assoluto fenomeno!
È un personaggio che compare a tratti nella storia, come Marvin, e non fa mai niente di diverso che insultare una persona in particolare e poi andarsene. La citazione precedente è tratta dal suo primo incontro con Arthur Dent, sulla Terra preistorica dove questo è rimasto intrappolato a causa di un’anomalia spaziotemporale.

Meglio fermarsi

Potrei andare avanti, col Ristorante alla fine dell’Universo, la bugblatta, il presidente della galassia e il suo gatto, il motore a improbabilità e la Risposta alla Domanda fondamentale sulla Vita l’Universo e Tutto Quanto… ce n’è per tutti. Solo che bisogna sudarsele, ed essere disposti ad arrivare fino alla fine, senza mollare.

Anche perché altrimenti non conoscerete mai il Messaggio Finale di Dio all’Universo, e questa è una grande mancanza.

Poi, una volta ultimata la lettura, avrete anche voi diritto a festeggiare il Towel Day (il giorno dell’Asciugamano, il migliore amico dell’autostoppista) che ricorre ogni 25 maggio, in memoria di D.Adams, tristemente scomparso nel 2001.

Buone letture!

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